Cosa
Questa visita conduce alla scoperta di una storia avvincente, che è quella dell'opera e del suo soggetto: l'Antigone di Alfieri.
Giuseppe Diotti, Antigone condannata a morte da Creonte, 1834-1845, olio su tela
Il fulcro generatore dell’azione scenica è il tiranno Creonte, raffigurato al centro, mentre consegna Antigone ai suoi carnefici, strappandola con la forza ad Argia, sua cognata. Alle spalle di Creonte si trova Ipseo, il malevolo confidente del tiranno, con il volto in gran parte coperto dal mantello. Un armigero e il boia, rappresentato a torso nudo, trascinano la figlia di Edipo verso il suo misero destino, mentre un’ancella chiede disperatamente pietà per lei. A destra, sullo sfondo, due uomini scavano la fossa, allusione al supplizio di Antigone. Il gruppo di figure sulla sinistra è invece imperniato sul personaggio di Argia, che cade svenuta quando viene a sapere della condanna a morte decisa per la cognata. In mano ha ancora il vasetto con le ceneri del marito Polinice, a cui Antigone aveva dato sepoltura nonostante il divieto di Creonte. Il dipinto è richiesto a Diotti, Direttore della Scuola di pittura dell’Accademia Carrara, dagli amministratori dell’istituzione bergamasca nell’aprile 1834. Il bozzetto è terminato poco prima di Natale, mentre il cartone preparatorio viene completato tra l’inverno e la primavera del 1837. Sono necessari altri otto anni per portare a termine la monumentale tela, consegnata soltanto nel marzo del 1845. Afflitto da tempo da una salute cagionevole, Diotti muore pochi mesi dopo, il 30 gennaio 1846.
L'opera a seguito di un accurato restauro è tornata visibile al pubblico trovando in Accademia Carrara una sua collocazione permanente.